Pietro ha accolto gli studenti con la frase “Benvenuti a casa vostra”. Una targa all’ingresso ci ricorda che la mafia ha perso e che i beni confiscati grazie alla legge 109/96 sono stati restituiti alla collettività. È proprio su un bene confiscato alla mafia locale che nasce la cooperativa Pietra di scarto.
Perché il nome Pietra di scarto? Il nome deriva dal Salmo 118 della Bibbia che recita: “La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo”. È stata scelta questa citazione per affermare che tutte le persone, che lo Stato definisce svantaggiate, e che in realtà sono solo persone fragili – come gli ex-detenuti, migranti, ex-tossicodipendenti – possono diventare pietre angolari nella loro vita e in quella degli altri.
Il presidente ha poi raccontato la storia della nascita della cooperativa e delle mafie locali e, in particolare di come la società civile si è opposta al potere delle mafie, ricordando la figura di Francesco Marcone, ucciso dalla mafia nel 1995 per aver scoperto nel corso del suo lavoro e denunciato interessi di vari esponenti della città collegati con quelli della mafia locale.
Nella diffusione della cultura antimafia riveste un ruolo importante il “laboratorio di legalità” dedicato proprio a Francesco Marcone, ma soprattutto l’inserimento lavorativo di persone che provengono da situazioni di fragilità e che sono a rischio di esclusione sociale. A tal proposito gli studenti hanno ascoltato la testimonianza di Giuseppe, che è l’esempio del cambiamento e della valorizzazione della ricchezza di ogni essere umano, senza nessuna distinzione e pregiudizio.
Giuseppe ha poi condiviso la sua esperienza di vita: dal suo passato caratterizzato da errori e fragilità, al momento in cui ha deciso di darsi una possibilità di migliorare e cambiare la sua vita. Oggi Giuseppe è un uomo con obiettivi e valori diversi rispetto a prima: oltre a lavorare onestamente si impegna tanto per il sociale e per la sua vita personale. La lezione più importante che la testimonianza di Giuseppe ha dato è che “quando hai commesso errori e hai voglia di riprenderti la tua vita, è necessario che qualcuno sia pronto a darti un’opportunità”.
La giornata si è conclusa con la visita del laboratorio agroalimentare destinato alla produzione di conserve di pomodoro, esempio di un’agricoltura sostenibile in opposizione alla piaga del caporalato e dello sfruttamento della manodopera. In questo laboratorio, nel 2021, hanno prodotto 40mila bottiglie di passata di pomodoro, e impiegato nella trasformazione tre donne e due uomini, assunti regolarmente e pagati in modo onesto. Gli obiettivi sono l’investimento sulla qualità dei prodotti, sulla dignità dei passaggi della filiera e sulla corresponsabilizzazione dei consumatori. Gli studenti dell’ENAC Puglia sono tornati a casa arricchiti grazie a questa esperienza che ha lasciato loro delle lezioni importanti: la speranza e coraggio di poter cambiare la propria vita, il loro modo di pensare ma anche il loro territorio; l’importanza della determinazione nel rincorrere i propri sogni e valori di giustizia, ed infine, l’importanza di credere in sé stessi e saper chiedere aiuto.
Si ringraziano Giada, Maria Pia e Aurora, alunne del corso “Operatore della trasformazione agroalimentare – Pasticciere, Panettiere e Pastaio”